Oggi ricorre il ventesimo anniversario della cd. caduta del muro di Berlino. I festeggiamenti, com'è giusto e bello che sia, stanno avvenendo un pò in tutta Europa e, soprattutto, in Germania. Non sono mancate, ovviamente, le strumentalizzazioni politiche da parte di chi ha voluto vedere in quello che successe a Berlino 20 anni or sono esclusivamente la sconfitta del comunismo e, in estrema e perciò fallace sintesi, la vittoria del bene (il capitalismo occidentale) sul male (l'Unione Sovietica). Tuttavia, forse, anche questo fa parte della democrazia, vera ed unica protagonista di quella rivoluzione pacifica segnata con la caduta del muro.
Una particolarità che mi ha sempre attirato riguardo quell'evento è il riferimento allo stesso con il termine "caduta".
In realtà non si trattò di una caduta ma, a dirla tutta, di un vero e proprio abbattimento: materiale, con picconi e attrezzature varie, e ideologico. Quest'ultimo (l'abbattimento ideologico) avvenne per la forza propulsiva di due popoli fino ad allora nemici incarnata dai rispettivi leader politici dell'epoca. Come dimenticare la scritta "Danke Gorbi" di ringraziamento da parte di qualche tedesco dell'est nei confronti dell'allora capo del Cremlino Gorbaciov?
Pensare a quell'avvenimento, quindi, come ad un fatto quasi evitabile se non addirittura casuale (come potrebbe suggerire il significato del verbo cadere) è un falso storico. La "caduta" del muro di Berlino era più che evitabile se solo non vi fosse stata quella generale pulsione alla democrazia che ha spinto popoli, nazioni (allora in Germania le due nozioni non coincidevano) e dirigenti politici nazionali a saltare aldilà della cortina delle proprie certezze storiche e culturali.
Tuttavia, tanto ancora deve essere costruito: sembra, infatti, che in Europa, a venti anni da quella data del 1989, si stia patendo quella sindrome che in campo medico è chiamata dell' "arto invisibile", la quale occorre a tutti quei pazienti che hanno visto amputato un arto e ciò nonostante lo "sentono" ancora lì presente insieme a loro. Le distinzioni tra occidente ed oriente, infatti, non sono venute affatto meno e, in un certo senso, si sono addirittura acuite in conseguenza dell'abbattimento del muro di Berlino. Basti pensare a tutte le guerre che hanno sparso il sangue di centinaia di migliaia di persone nei Balcani e nei Paesi dell'Europa dell'est. Per non parlare dell'aleatorio concetto di democrazia che viene applicato oggi in Russia da una politica spietata che fa ancora riferimento all'ex presidente Putin.
Insomma, se un muro è stato abbattuto, ce ne sono tanti altri (anche in Italia) che devono ancora essere distrutti, e molti di questi non sono neanche visibili. Cominciamo, ad esempio, ad abbattere i muri dell'omertà nelle zone con alta incidenza della criminalità organizzata; i muri dell'ipocrisia, presenti in ogni spaccato del viver quotidiano; i muri che dividono Nord e Sud e quelli, più tristi, che contrappongono i giovani ai loro padri; abbattiamo i muri delle ingiustizie sociali a partire da un sovvertimento di quel pessimo principio che si è, ormai, radicato (di nuovo) in Italia in base al quale chi è figlio di operaio deve continuare a fare l'operaio come chi è figlio di notaio deve, per inellutabile destino, continuare l'opera del padre; i muri della diffidenza, quelli che ci fanno accontentare del poco e ora invece che di un futuro ricco di maggiori prospettive di sviluppo. E potrei continuare all'infinito.
C'è tanto ancora da abbattere, dunque, ma molto di più da fare.
Una particolarità che mi ha sempre attirato riguardo quell'evento è il riferimento allo stesso con il termine "caduta".
In realtà non si trattò di una caduta ma, a dirla tutta, di un vero e proprio abbattimento: materiale, con picconi e attrezzature varie, e ideologico. Quest'ultimo (l'abbattimento ideologico) avvenne per la forza propulsiva di due popoli fino ad allora nemici incarnata dai rispettivi leader politici dell'epoca. Come dimenticare la scritta "Danke Gorbi" di ringraziamento da parte di qualche tedesco dell'est nei confronti dell'allora capo del Cremlino Gorbaciov?
Pensare a quell'avvenimento, quindi, come ad un fatto quasi evitabile se non addirittura casuale (come potrebbe suggerire il significato del verbo cadere) è un falso storico. La "caduta" del muro di Berlino era più che evitabile se solo non vi fosse stata quella generale pulsione alla democrazia che ha spinto popoli, nazioni (allora in Germania le due nozioni non coincidevano) e dirigenti politici nazionali a saltare aldilà della cortina delle proprie certezze storiche e culturali.
Tuttavia, tanto ancora deve essere costruito: sembra, infatti, che in Europa, a venti anni da quella data del 1989, si stia patendo quella sindrome che in campo medico è chiamata dell' "arto invisibile", la quale occorre a tutti quei pazienti che hanno visto amputato un arto e ciò nonostante lo "sentono" ancora lì presente insieme a loro. Le distinzioni tra occidente ed oriente, infatti, non sono venute affatto meno e, in un certo senso, si sono addirittura acuite in conseguenza dell'abbattimento del muro di Berlino. Basti pensare a tutte le guerre che hanno sparso il sangue di centinaia di migliaia di persone nei Balcani e nei Paesi dell'Europa dell'est. Per non parlare dell'aleatorio concetto di democrazia che viene applicato oggi in Russia da una politica spietata che fa ancora riferimento all'ex presidente Putin.
Insomma, se un muro è stato abbattuto, ce ne sono tanti altri (anche in Italia) che devono ancora essere distrutti, e molti di questi non sono neanche visibili. Cominciamo, ad esempio, ad abbattere i muri dell'omertà nelle zone con alta incidenza della criminalità organizzata; i muri dell'ipocrisia, presenti in ogni spaccato del viver quotidiano; i muri che dividono Nord e Sud e quelli, più tristi, che contrappongono i giovani ai loro padri; abbattiamo i muri delle ingiustizie sociali a partire da un sovvertimento di quel pessimo principio che si è, ormai, radicato (di nuovo) in Italia in base al quale chi è figlio di operaio deve continuare a fare l'operaio come chi è figlio di notaio deve, per inellutabile destino, continuare l'opera del padre; i muri della diffidenza, quelli che ci fanno accontentare del poco e ora invece che di un futuro ricco di maggiori prospettive di sviluppo. E potrei continuare all'infinito.
C'è tanto ancora da abbattere, dunque, ma molto di più da fare.
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